
È più facile per un cammello…
- Valeria Bruni‑Tedeschi
- Chiara Mastroianni, Denis Podalydès, Jean-Hugues Anglade, Valeria Bruni Tedeschi
- Drammatico
- Francia, Italia
- 16 April 2003
Trama
Il padre di Federica, torinese emigrata a Parigi con tutta la ricca famiglia quando era ancora bambina, sta per morire.
I sensi di colpa della giovane donna, che tra poco sarà ancora più abbiente, si accentuano e si trasformano in nevrosi.
Si avvicendano sogni infantili, la stesura di un copione teatrale autobiografico (non apprezzato da un regista interpellato), sgraziate lezioni di danza, mentre i rapporti interpersonali non fanno che peggiorare.
Aumentano le incomprensioni con la madre e le sfuriate con la distante sorella Bianca (e non è che con il fratello Aurelio ci siano legami più saldi), la relazione con il fidanzato Pierre, desideroso di una maggiore stabilità, si incrina e la ricomparsa dell’antico amante Philippe, peraltro sposato, non fa che accrescere la confusione.
In tanto disorientamento, Federica si rivolge a un sacerdote al quale comincia a fare lunghe confessioni.
Recensione
Apprezzato in Francia, dove la Bruni Tedeschi è molto amata, questo debutto, misto di autobiografia (e sembra esserci una certa acredine nella rappresentazione della consanguinea Carla Bruni) e surrealismo alla Nina Di Maio o alla Noémie Lvovsky (che infatti cosceneggia), funziona assai bene nella prima parte, che promette un divertimento intelligente, influenzato dallo stile dei registi d’oltralpe con cui l’attrice ha lavorato, nonché, naturalmente, da quello dell’ex-compagno Mimmo Calopresti (che ha prestato la voce al prete interpretato da Pascal Bongard, assieme ad alcuni dialoghi tra sorelle l’unica immotivata licenza di un film altrimenti perfettamente bilingue); poi, quando l’amalgama di dramma e ridicolo viene a mancare, l’opera, meno grottesca, perde un po’ di consistenza, per approdare a un’immagine conclusiva che sembra voler citare Interiors di Allen.
Dunque, la protagonista, che in genere o si ama o si odia, divisa tra l’agio familiare e il comunismo di Pierre, rifà se stessa (e chiama persino la sua vera madre Marysa Borini a recitare nel ruolo della genitrice), e fin qui niente di nuovo (in questo senso, più pregevole il lavoro di Chiara Mastroianni/Bianca, timorosa di non meritare affetto); ma la direzione del gigione Herlitzka (il padre) e degli altri caratteri (impersonati da nomi di rilievo del cinema francese: Anglade, Podalydès, Attal, Wilson, sorprendente nel suo italiano) non è male.
Simpatico il cartoon che rappresenta le lacerazioni interiori di Federica.