Recensione

Drammaturgo che ha ottenuto il successo con l’inganno s’imbatte (in circostanze decisamente assurde) in una prostituta d’alto bordo e si mette in testa di sedurla per carpirle aneddoti e trarre dall’esperienza una nuova storia da portare in scena.

Tuttavia, come ci ribadisce continuamente il cinema di questi ultimi tempi (Polanski compreso), bisogna diffidare di ogni racconto, e perfino un bugiardo matricolato non è immune agli inganni o alle manipolazioni.

Sfortunatamente non ci sono altri contenuti setacciabili nell’ultimo lavoro dell’incostante Jacquot (Sade, Tosca, Tre cuori), che si è ispirato all’omonimo romanzo di James Hadley Chase e lo ha sceneggiato insieme a Gilles Taurand.

Davanti alla cinepresa sono chiamati Ulliel, che pone la sua spontanea antipatia al servizio di un personaggio che gli calza a pennello, e una Huppert tanto professionale – credibile nel ruolo della matura e algida maîtresse, sposata con un galeotto spacciato per uomo d’affari – quanto sottilmente annoiata dal suo stesso, collaudato stile recitativo.

Il fatto che il plot non riservi svolte sorprendenti ma si vada anzi a impantanare fra assiomi risaputi (l’incapacità d’amare può causare vittime, l’arte non è questione di calcolo) e un’atmosfera trasgressiva liofilizzata purtroppo compromettono ulteriormente un’operazione nata già claudicante.

Il navigato Berry è un po’ defilato; spicca invece la deliziosa Roy, fidanzata sprecata. .

Max Marmotta