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Trama

A partire dal 1922, la vita della pittrice messicana Frida Kahlo, figlia di un esule ebreo tedesco. Dal rapporto con la sorella Cristina a quello con il fidanzato Álex; dall’incidente in autobus che avrebbe segnato la sua esistenza all’unione appassionata e per molti versi infelice con il pittore Diego Rivera, infedele cronico e ancora legato alla precedente moglie Lupe; dalle prime tele, pervase di sofferenza, alle trasferte a New York (dove il marito lavora per Nelson Rockfeller) e Parigi; dalla frequentazione dei salotti della fotografa Tina Modotti all’incontro con il transfuga Trotsky; dalle lotte comuniste agli amori lesbici.

Senza mai dimenticare la propria arte.

Recensione

È pure il film della vita –per importanza, non per dati biografici– della minuta Salma Hayek, meno famosa di Madonna e Jennifer Lopez sulle quali l’ha spuntata per ottenere il ruolo (subentrando anche nella produzione).

Si poteva scivolare nella “televisività”, ma fortunatamente dietro la macchina da presa è stata chiamata Julie Taymor, il cui talento figurativo era evidente già in Titus.

La regista inventa scene abbastanza creative (lo stato comatoso, la conquista della Grande Mela) e rielabora con fantasia i quadri della Kahlo, tenendo sempre a mente che tali immagini nacquero dalla sofferenza, fisica e mentale, tanto che le abbozzate analisi verbali sono assolutamente accessorie.

Insostituibile, a questo proposito, l’apporto delle luci e dei colori di Rodrigo Prieto, ma anche la colonna sonora di Elliot Goldenthal gioca un ruolo preminente.

In mezzo a tante partecipazioni di amici attori (accreditate solo nei titoli di coda), notevole appare la prova di un ingrassato Alfred Molina (Rivera).

C’è un blooper: se la madre di Frida muore nel ’32, come mai la protagonista va a vedere al cinema King Kong (che è dell’anno dopo) in una scena precedente? .

Max Marmotta