
Gran Torino
- Clint Eastwood
- Ahney Her, Bee Vang, Christopher Carley, Clint Eastwood
- Amazon Prime, Cult Movie, Drammatico
- Germania, Stati Uniti
- 9 December 2008
Recensione
Ingiustamente trascurato all’ultima sessione degli Academy Awards (neppure una candidatura), l’ultimo (da attore?) film di Clint Eastwood segnerebbe, dicono, l’archiviazione, all’insegna della non-violenza, dei personaggi alla Callaghan.
D’altro canto, il protagonista Walt Kowalski ci viene mostrato come un recente vedovo misantropo, bofonchiante e, sebbene sia di origini polacche, tendenzialmente razzista, alieno ai suoi figli (che comunque non si sono mai sforzati di capirlo) e segnato per la vita dalla devastante esperienza giovanile sul fronte della Corea.
Fortunatamente la sua chiusura al mondo non è definitiva e irreversibile, tant’è che, per una serie di fortuite circostanze, finisce con il legare con i membri adolescenti (gli unici a parlare inglese) della famiglia orientale che occupa la casa accanto alla sua in un quartiere non troppo raccomandabile.
Un percorso di vicendevole maturazione dai risvolti drammatici, sceneggiato egregiamente e con immediatezza da Nick Schenk, omaggio malinconico all’estinto e onesto “cinema dei duri” con un occhio ben aperto sulla fondamentale (soprattutto in questo momento storico) e spontanea convivenza fra tutte le etnie, all’interno delle quali si annida e prolifera comunque e indipendentemente la delinquenza; e perfino nei contesti più marci è possibile discernere tra individuo e individuo.
E anche nell’espiazione delle proprie colpe, la confessione, si possono scegliere interlocutori differenziati.
Una tale (e incompleta) mole di spunti è amministrata da Eastwood con maestria e, oseremmo dire, saggezza guadagnate nel tempo, grazie a un’esperienza che ha fatto della capacità di raccontare e di sfumare i personaggi, mai nettamente positivi o negativi, un marchio di garanzia.
Clint ormai risiede nell’olimpo dei migliori cineasti contemporanei.