Video & Photo

2 videos

Trama

San Pietroburgo, 1836. Un anziano generale vedovo (la moglie Alissa morì in gioventù), glorificato dai suoi successi contro i francesi di Napoleone, scacciati grazie ad un ingegnoso espediente –piccioni in fiamme– con il quale incendiò Mosca, vive mestamente nel suo appartamento con la sola compagnia dell’inserviente, tra incubi e passeggiate.

Quando esce non si separa mai dal suo ombrello, poiché gli uccelli lo bersagliano di continuo con il loro sterco.

Un giorno l’uomo s’imbatte in un cane abbandonato, lo nutre, ma non riesce più a sbarazzarsene. Dopo avere tentato di affidarlo a un bigio mercante, lo ritrova. L’animale, al quale il vecchio ha dato il nome di Bonaparte, lo aiuta a sanare la sua diatriba con i pennuti, bisognosi solo di libertà.

In breve, la bestiola aduna altri quattrozampe per la causa… .

Recensione

Scritto e doppiato dal poeta e sceneggiatore Tonino Guerra (in Francia la voce del protagonista appartiene invece a Philippe Noiret), musicato da suo figlio Andrea, questo breve film d’animazione non ha veri riscontri storici e nasce dalla collaborazione con il disegnatore Sergej Barkhin, autore in origine di un piccolo libro illustrato sulle vicissitudini del militare russo in questione.

Per quanto abbia troppi punti in comune con la pubblicità televisiva concepita e interpretata dallo stesso Guerra (quella sull’“ottimismo”, per intenderci), il cartoon, caratterizzato da un’eccessiva bidimensionalità e da sfondi volutamente poveri, è disseminato di sogni e riflessioni, di inviti alla solidarietà e di perdonabili anacronismi.

Il personaggio del bambino è un esplicito e poco simpatico simbolo di coscienza, ed è la spia che non tutto nella pellicola va a segno.

Alcuni dialoghi sono insistiti o piuttosto sforzati, ed anche la rappresentazione “luminosa” dello zar convince poco.

Così così, in generale (appunto).

Max Marmotta