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Trama

Dopo il successo mondiale di Blair Witch Project, la cittadina di Burkittsville è presa di mira da turisti e curiosi, in cerca di tracce vere o leggendarie della terribile strega.

Così Jeff, un passato in clinica per malattie mentali, si mette a capo di una delle tante spedizioni: c’è la coppia decisa a ricavare un libro dall’esperienza (lei è pure incinta), accompagnata dalla ragazza che si ritiene a sua volta una fattucchiera (buona) in erba e dalla “dark” convinta.

I cinque, videocamere di ogni tipo in spalla, si inoltrano nel celeberrimo bosco, tra alberi che spariscono e scontri con gruppi animati da analogo spirito d’avventura.

Ma quando si accampano comincia a succedere qualcosa di strano: sabotaggi, vuoti di memoria e visioni inquietanti.

Recensione

Due capitoli di Blair Witch distribuiti (in Italia) in meno di un anno sono francamente troppi. Se già il prototipo era un gigantesco bluff, che almeno deteneva il merito di aver sollevato un polverone pubblicitario senza precedenti per un’opera a bassissimo costo, adesso siamo di fronte ad un inutile, sebbene più cpmpiuto, seguito che esaurisce la sua furbizia nelle premesse: un ritorno “da spettatori” sui frequentatissimi luoghi del primo film (ormai considerato di finzione), con tanto di interviste agli abitanti.

Uno di loro è incarnato dallo stesso regista, esperto documentarista che ha sterilmente messo la sua esperienza al servizio di Eduardo Sánchez e Daniel Myrick, autori dell’episodio-pilota qui in veste di produttori esecutivi (e probabilmente responsabili della prossima, conclusiva puntata).

Ogni tanto, le riprese a mano fatte dai protagonisti richiamano l’originale, ma l’effetto a cui si punta stavolta è il raccapriccio al sangue.

Unica sequenza pallidamente interessante, quella del sabba tardivamente ricostruito.

Max Marmotta