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Trama

New York. Frannie è una professoressa-scrittrice che risiede nel Greenwich Village e divide le sue giornate tra l’insegnamento, la raccolta di materiale per un libro che si serve dello slang afroamericano e la sorellastra Pauline, la quale abita in un appartamentino sopra uno strip-bar.

Dopo alcune storie insoddisfacenti, tra cui quella con l’aspirante dottore John Graham, la donna intreccia una relazione con l’ambiguo detective Giovanni Malloy, conosciuto durante un interrogatorio porta a porta.

Il quartiere è infatti minacciato da un sanguinario serial-killer, che ha già ucciso e seviziato due ragazze.

Recensione

Il torbido dramma contemporaneo sulla sessualità femminile, tracciato dalla cosceneggiatrice Moore con il suo romanzo-scandalo, poteva trovare valida espressione solo nella regia della talentuosa Jane Campion (Lezioni di piano).

E la prima ora del film ruota proprio attorno alla descrizione dell’universo della protagonista (la brava Ryan/Frannie, finalmente in un ruolo inedito): il background, la routine, le ossessioni, le passioni e i complessi che ripropongono, in un efficace contesto decadente e intellettuale al contempo, l’immortale binomio brava ragazza-peccatrice.

Ma, non appena il thriller diventa padrone della scena, l’opera perde incisività, riducendo lo stile dell’autrice a un videoclip dark.

Risultato definitivo? Un altro scialbo ritratto di signora, dove gli attori, per quanto ottimamente impiegati (su tutti la sempre grande Jennifer Jason Leigh/Pauline), plasmano dei caratteri incompleti in un palcoscenico che, peraltro, si fa man mano più prevedibile.

Esordio come produttrice per Nicole Kidman, che inizialmente doveva interpretare Frannie.

Sax Marmotta