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Recensione

Dopo un esordio minimale (Following), il torbido Insomnia, due Batman che hanno lasciato il segno (soprattutto Il cavaliere oscuro) e, principalmente, gli ottimi Memento e The Prestige, l’acuto Christopher Nolan torna a far parlare di sé grazie a questo labirintico “viaggio psichico”.

Il regista tira lo spettatore dentro la sua idea, non delle più scontate, sin da subito, mostrandoci il protagonista Dom (DiCaprio) all’opera durante un lavoro dimostrativo: egli, insieme a qualche fidato collega, costruisce sogni per entrare nell’inconscio degli avversari – opportunamente sedati – di coloro che lo assumono (di solito ricchi industriali) per carpire loro preziosi e redditizi segreti.

Ma stavolta gli viene chiesto non di sottrarre ma di aggiungere un concetto nella mente dell’erede di un impero finanziario.

E nella coscienza del nostro (costantemente attiva) s’insinua più del solito un pericoloso tarlo, un senso di colpa che rischia di mettere a repentaglio la difficile operazione.

Come accenno di trama è già troppo, anche perché il film si avvale di fantastiche, simboliche trovate scenografiche e architettoniche, di spettacolari coreografie in assenza di gravità, di dilatazioni temporali adeguate con sufficiente coerenza a un simile contesto onirico, strutturato tra l’altro concentricamente.

Un’opera che potrebbe facilmente scivolare nel manierismo e invece con le sue creazioni sfida l’occhio e obbliga alla massima attenzione.

Fondamentale la complicità del cast, con il giovane Gordon-Levitt impegnato a sostenere praticamente da solo un intero brano di film privo di dialoghi, un finalmente ritrovato Berenger in un ruolo che richiede una certa sottigliezza interpretativa, le conferme delle signore Cotillard e Page e, in parti secondarie, lo scaltro Dileep Rao, il dimesso Lukas Haas, l’agonizzante Pete Postlethwaite.

Max Marmotta