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Trama

Jurij è figlio di una dolce ungherese e di un musicologo italiano. Il bambino è quasi del tutto non vedente; quando sua madre muore ha solo cinque anni, e ne trascorre altrettanti sotto le costrizioni del puntiglioso padre, che non lo fa mai uscire di casa perché eserciti il suo talento con il violino fino a raggiungere la perfezione.

Quando Jurij scappa, praticamente non sa più parlare. Di lui si prende cura, contro molti pareri, l’affettuosa Isabella, una terapeuta che insegna di nuovo al piccolo ad esprimersi.

Recensione

Imperniato su uno stile mesto-favolistico, il film (fortunatamente non troppo televisivo) di Gabrini, attore ne La casa del buon ritorno e già regista de Il gioco delle ombre, vale principalmente per la sua –a volte immodesta– ricerca dell’arte.

La musica è sempre presente, allo stesso modo dei riferimenti poetici (i simboli dell’albero e della finestra), e l’idea di mostrare il mondo con gli occhi di Jurij (peggiorati con gli anni, anche a causa della sua tristezza) dà un appropriato risalto alla sua personalità e coinvolge lo spettatore.

Aiuta parecchio la fotografia di Pasquale Mari, ma la direzione degli interpreti non è sempre puntuale.

La fine volutamente abbozzata segna invece un altro punto a favore.

Max Marmotta