
La figlia del mio capo
- David Zucker
- Andy Richter, Ashton Kutcher, Molly Shannon, Tara Reid
- Commedia, Sentimentale
- Stati Uniti
- 21 August 2003
Trama
Tom Stansfield è un timido impiegato di una casa editrice, diretta dal tirannico Jack Taylor. Costui ha una bella figlia, Lisa, che muove i primi passi nell’azienda. Tom ne è attratto, ma non sa come avvicinarla. Un giorno sembra presentarsi l’occasione giusta: la ragazza, lamentandosi di non potere uscire, chiede al giovanotto di passare da lei per agevolarla.
È un equivoco, e Tom si ritrova a badare all’enorme casa Taylor e, ancor peggio, all’inquietnate gufo domestico del suo capo, allontanatosi per lavoro dopo molte raccomandazioni.
La serata si prospetta tutt’altro che rilassante: non invitati si presentano, nell’ordine, la segretaria fresca di licenziamento Audrey (che si trascina dietro tre turbolenti amici), Red, fratello traffichino di Lisa, il boy-friend di quest’ultima, Hans, e lo spacciatore T.J.
Recensione
Bentornata commedia demenziale: da uno spunto iper-classico, già illustrato in pieno dal titolo scarsamente brillante che chiama in causa i tre protagonisti, nasce uno dei film più scoppiettanti degli ultimi tempi, degno di Una pallottola spuntata (l’esordio “in solitaria” di David Zucker) e capace non solo di canzonare i cliché delle pellicole d’azione, romantiche o drammatiche, ma persino di inanellare, senza offendere nessuno, una situazione politicamente scorretta dietro l’altra (sfottendo pregiudizi nei confronti di razze, religioni, handicap e persino traumi da incidente), che neppure il portavessillo Scary Movie (il regista ne ha diretto l’ultimo capitolo) reggerebbe.
Il merito principale è dello sceneggiatore David Dorfman (lo stesso di Terapia d’urto), memore delle regole della migliore comicità sgangherata, che per funzionare necessita di sistemi oliati e rimandi precisi.
Di sicuro, comunque, c’è una parte centrale meno accurata, con la Reid (Lisa) troppo votata alla cretineria e dialoghi all’altezza di un porno-soft (soprattutto per quel che concerne la fase d’approccio tra Tom e l’oggetto del suo desiderio).
Per il resto, in un crescendo ben congegnato (si sa che la lussuosa villa verrà ingiuriata in ogni modo, il bello è vedere come), un fuoco di battute ritmato e brioso, con dosi di volgarità per una volta controllate.
Se si entra nel meccanismo, si ride a crepapelle; se si avversano i prodotti del genere, invece, tanto vale evitare.
Il serissimo Stamp (Jack), già smitizzatosi in Priscilla – La regina del deserto, mostra di nuovo il suo lato ridanciano; al contrario Kutcher (Tom), anche produttore, è inespressivo.
Non perdetevi la battuta di Madsen (T.J.) alla fine dei credits.