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Recensione

Assodato che Belluscone – Una storia siciliana è uno dei film (non solo italiani) più importanti del decennio, tale posizione non poteva che essere insidiata dallo stesso Maresco.

Il quale, non celando lo sconforto sulla contemporaneità (che gli dà una propulsione senza eguali), rafforza il discorso del suo lavoro del 2014 e, tallonando ancora l’irriducibile impresario specializzato in feste di piazza Ciccio Mira (“autoafflitto” dalla mancanza di colore), segue l’organizzazione nel difficile quartiere ZEN di Palermo di una serata in memoria di Falcone e Borsellino (25 anni dopo le stragi) corredata di cantanti neomelodici che però, al di là dei testi ambigui che – non tutti – intonano, si guardano bene dal proclamare la loro avversione al potere mafioso.

I retroscena grotteschi si sprecano, sullo schermo alla combattiva fotografa Letizia Battaglia (che attraverso i suoi scatti racconta i delitti che hanno insanguinato la sua amata città e non smette di sperare in e propugnare per – una sua ripresa) si alternano vari rappresentanti di una (fetta di) popolazione inconsapevole della gravità degli improperi che enuncia e avvezza alla negazione di ogni evidenza, vincolata da un silenzio atavico che limita automaticamente qualsiasi libertà di espressione od opinione.

Un problema gigantesco, radicato, dimostrato nei fatti e attraverso il sempre più sorprendente ricorso a un’ironia amarissima.

Sofferenza per indignarsi. .

Max Marmotta