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Trama

Angelo e Adriana Carati hanno una bella prole: Nicola, destinato ad una brillante carriera di psichiatra e a trasferirsi da Roma a Torino; Matteo, più introverso, certo che l’arruolamento in polizia e la vita in Sicilia siano la migliore cura ad una sfortunata avventura che ha vissuto con il fratello e la psicolabile fuggiasca Giorgia; Giovanna, magistrato integerrimo; Francesca, la più piccola.

Quest’ultima si accasa con Carlo, prossimo economista di rilievo e migliore amico di Nicola, che intanto sposa Giulia, studentessa anche troppo ribelle (diventerà terrorista) conosciuta durante gli anni della contestazione, la quale gli darà Sara.

Matteo ha una storia con la fotografa Mirella, mentre Vitale, altro compagno sessantottino impiegatosi come operaio, va incontro agli anni di crisi della Fiat.

Recensione

Pecche? Non proprio, soltanto qualche scena frettolosa nonostante la durata dell’intera opera (vedi l’“arresto” di Giorgia) e una tendenza alla coincidenza tipica dei prodotti per il piccolo schermo (i personaggi si ritrovano casualmente con una certa facilità), e comunque necessaria ai fini di una narrazione che leghi a dovere le vicende private alla cadenza degli eventi storici.

Per il resto, altro che film per la tv (dove peraltro rischiava di non essere trasmesso, salvo l’inevitabile ripensamento in seguito al successo di Cannes)! Dotato di un titolo pasoliniano (“La meglio gioventù” è una sua raccolta di poesie friulane), suddiviso (ma si potrebbe tranquillamente bere tutto d’un fiato) in due parti di tre ore ciascuna, come accadde al Novecento di Bertolucci (qualcuno ha osservato che potrebbe esserne l’ideale prosecuzione), nel quale era pure presente la bravissima Asti (qui è la madre dei Carati), il film ha un respiro indubbiamente cinematografico, anche grazie all’ottimo collettivo di attori (e pensare che Boni, ovvero l’oscuro Matteo, proviene da “Incantesimo”), alla fotografia di Forza, allo script dei ritrovati Rulli & Petraglia, alle canzoni nostalgiche.

I risvolti sono divertenti o drammatici, si parla di perdite interiori e degli “anni di piombo” e ci si sposta oculatamente da Roma alla Firenze dell’alluvione, da Torino a Milano, alla Palermo delle stragi di mafia, passando per una rigenerante Norvegia.

Max Marmotta