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Trama

Periferia di Vancouver. La ventitreenne Ann abita in una roulotte nel cortile della casa della sua frustrata madre. Non vede il padre da almeno dieci anni, da quando è stato incarcerato. Data la difficoltà del marito Don a trovare lavoro, la ragazza, per mantenere le loro due bambine Penny e Patsy, la notte fa le pulizie nei locali dell’università.

La sua esistenza, per quanto priva di prospettive e carica di rinunce, le appare placida finché non le viene diagnosticato un tumore non operabile.

Ann allora, decisa a non informare la famiglia, stende una lista di tutto ciò che vorrebbe fare nei due mesi di vita che le restano.

Una sera, in una lavanderia, conosce anche il ferito e solitario Lee.

Recensione

Prodotto da Pedro Almodóvar, tramite la sua casa El Deseo, diretto dalla catalana Isabel Coixet, già autrice del cinico, romantico e surreale Le cose che non ti ho mai detto, La mia vita senza me è un piccolo gioiello indipendente filmato con un basso budget in Canada.

Un toccante diario di morte basato su una sceneggiatura semplice e al contempo profonda, che improvvisamente catapulta lo spettatore da una dimensione semidocumentaristica a una dimensione onirica, dal momento in cui la protagonista Ann (la bravissima Sarah Polley) prende piena coscienza della propria malattia.

Ma il pregio di questa elementare storia sta nel rifiutare qualsiasi implicazione religiosa o riflessione cervellotica, scansando al contempo la retorica a cui Hollywood ci ha assuefatto ogni volta che ha affrontato il tema del trapasso.

Stilare quindi una lista di cose da fare prima di andarsene, pur sembrando inizialmente un gesto egoista e quanto mai banale, diventa poco a poco un esempio di profondo altruismo e di ricerca di speranza nel prossimo.

Gli altri interpreti, già avvezzi ai prodotti a basso costo, armonizzano alla perfezione il contesto, dove trova pure spazio una citazione da Terry Gilliam sulle note di Gino Paoli.

Sax Marmotta