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Recensione

Da un romanzo (vagamente e tristemente ispirato alla realtà) di Roberto Saviano nasce la sceneggiatura firmata dallo stesso con Maurizio Braucci e il regista Claudio Giovannesi (Alì ha gli occhi azzurri, Fiore), fresca di premiazione berlinese.

In un periodo in cui imperversano, con continui e indesiderabili rischi di mitizzazione, serie come Gomorra e Suburra, quest’ascesa al potere di un gruppetto di scugnizzi del rione Sanità capeggiato (quasi “per caso”) da Nicola (l’inedito e bravissimo Francesco Di Napoli), che vive con l’acquiescente madre (Valentina Vannino alias L’intrusa) e fila con la coetanea Letizia (Viviana Aprea), capace d’ingraziarsi il clan più prepotente del momento (che ha per boss un tronfio Aniello Arena, dopo Reality interprete navigato) e, arricchitosi rapidamente (passando da teppismo – vedi l’incipit con il conteso albero di Natale in Galleria Umberto – e furtarelli  a spaccio ed “esattoria”), di cospirare con i reietti (rappresentati dai fratelli – nella finzione – Pasquale Marotta e Carmine Pizzo), nonché pronto ad ammutinarsi – con l’aiuto armato di un anziano capo agli arresti domiciliari (Renato Carpentieri, il nome più importante in cartellone) – quando l’occasione è propizia, non si crogiola in una possibile costruzione epica.

Al contrario, mostra lucidamente l’abissale scollamento sociale in cui prolifera la criminalità (in tal caso quindicenne), stendendo un pietoso velo finale.

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Max Marmotta