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Trama

Un gruppo di maestri, lavagne in spalla, si inoltra nell’entroterra iraniano a caccia di alunni.

In particolare, uno si reca sulle montagne e cerca di insegnare ad alcuni sfuggenti piccoli contrabbandieri; un altro scende più a valle verso il confine curdo e incontra dei vecchi in fuga dalla guerra, anch’essi riluttanti ad ascoltare lezioni.

Recensione

La lavagna come oggetto multiuso, strumento di difesa o soccorso; ardesia che separa o avvicina, simbolo del potere dell’istituzione che può essere rifiutato o può incuriosire e persino servire.

Per il suo secondo lungometraggio, incensato a Cannes (curiosamente, il film si apre proprio con la consegna del premio), la sorprendente ventenne Samira Makhmalbaf, che può anche vantare il ruolo di giurato all’ultimo Festival di Venezia, è ricorsa ad attori non professionisti (con l’eccezione di Behnaz Jafari), e si è fatta di nuovo aiutare da papà Mohsen, uno dei maggiori cineasti in patria, in sede di produzione, sceneggiatura e montaggio.

Qua e là ingenuo e ridondante, ma molto schietto.

Max Marmotta