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Trama

Nel 1954 a Liberty Heights, quartiere ebreo di Baltimora, le alterne vicende di una famiglia: madre e nonna bigotte, padre proprietario di un teatrino sexy e gestore della lotteria clandestina, figlio maggiore universitario perdutamente invaghito di una bionda appartenente all’alta borghesia (o, se si vuole, ai “gentili”) e figlio minore liceale cotto per la sua unica compagna di scuola di colore.

L’intraprendenza dei più giovani in un periodo di finta libertà teorica e di tardo oscurantismo applicato (nonostante la guerra sia solo un ricordo), viene premiata.

Anche se non sempre.

Recensione

Quarto capitolo di un’ideale tetralogia post-bellica ambientata a Baltimora (dopo l’esordio A cena con gli amici e Tin Men e Avalon), il nuovo lavoro di Barry Levinson, a dispetto di una certa discontinuità, possiede notevoli motivi di interesse.

Anzitutto il cast, non composto da nomi famosi ma da solidi caratteristi; in secondo luogo, l’onda dei ricordi (non necessariamente autobiografici), commentata da piacevoli musiche d’epoca e dallo score di Andre Morricone, che riesce a contenere senza appesantirle (si tratta ancorché di una commedia), varie problematiche non superate dai tempi, come il razzismo e imposizioni sociali.

Nel complesso, appare come una lungaggine peraltro poco credibile l’episodio del rapimento. I distributori si sono inventati un sottotitolo (Si è giovani una volta sola, ma si ricorda per sempre) che si consiglia vivamente di non tramandare.

Max Marmotta