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Recensione

Per cominciare: quanti degli adoratori de Il favoloso mondo di Amélie ricordano (o conoscono) i (notevoli) lavori successivi del meticoloso Jean-Pierre Jeunet? Pochi, o nessuno.

Eppure Una lunga domenica di passioni traeva ottima linfa da un popolare romanzo e L’esplosivo piano di Bazil, per quanto lambiccato, era uno spettacolo per gli occhi.

Non meraviglia, dunque, che la più recente fatica del cineasta francese (al suo secondo film anglofono) stia passando colpevolmente inosservata presso le platee, anche per via di una circolazione più volte rinviata (la produzione risale a due anni fa) e comunque esitante.

Uno spreco, perché nell’avventura solitaria del giovanissimo protagonista (Kyke Catlett), inventore di un apparecchio che dimostra l’esistenza – e, paradossalmente, la finitezza – del moto perpetuo, partito all’insaputa dei suoi dalla fattoria del Montana in cui vive alla volta del prestigioso Smithsonian di Washington (che vuole assegnargli un premio ignorando la sua vera età), s’incontra non solo il gusto quasi ossessivo del dettaglio tipico dell’autore, ma anche una rinnovata malinconia, un senso sotterraneo d’inquietudine (il bambino si sente responsabile della morte accidentale del gemello), una sussurrata critica a certe istituzioni.

Il tutto senza rinunciare alla dimensione giocosa e agli stilemi di ogni road movie che si rispetti, incontri bizzarri compresi (fra questi non poteva mancare un carattere affidato a Pinon, fedelissimo del regista).

Elogio per la certosina mamma entomologa di Helena Bonham Carter.

Max Marmotta