
Mank
- David Fincher
- Amanda Seyfried, Arliss Howard, Charles Dance, Ferdinand Kingsley, Gary Oldman, Joseph Cross, Lily Collins, Tom Burke, Tom Pelphrey, Tuppence Middleton
- Biografico, Commedia, Drammatico, Netflix
- Stati Uniti
- 26 April 2021
- English
Recensione
La critica principale che si può muovere all’undicesimo lungometraggio diretto da David Fincher, tratto da una sceneggiatura scritta dal padre Jack (deceduto nel 2003), riguarda il linguaggio. Dialoghi fittissimi e fin troppo acuti distribuiti fra tantissimi (esageratamente sagaci) personaggi realmente esistiti e operanti nella Hollywood degli anni ’30 (per una visione più consapevole, inevitabile documentarsi almeno su alcuni di loro), numerosi nomi e fatti settoriali evocati con nonchalance in botta-e-risposta che possono diventare estenuanti (se produce Netflix, non consola la possibilità di poter riascoltare a piacimento le battute che risultano più anodine).
Tuttavia, superato l’impatto con il modus narrandi e con la vicenda in sé (per comprenderne meglio il contesto è consigliabile recuperare perlomeno il tv movie RKO 281 e Il prezzo della libertà), questa ricostruzione romanzata e idealista della genesi di Quarto potere, esordio del già debordante venticinquenne Orson Welles (opportunamente robusta l’interpretazione di Tom Burke), che si affidò alle esperte mani dello scrittore incidentato Herman J. Mankiewicz (“Mank”), fratello del futuro regista Joseph L. e orgoglioso e inguaribile alcolista, non può non colpire per l’altissima qualità della sua fattura. Immerso nel calibrato bianco e nero – con tanto di “bruciature di sigaretta” a ogni “cambio di rullo”: ricordate Fight Club? – di Erik Messerschmidt (sacrosanti gli Oscar per lui e per le scenografie di Donald Graham Burt e Jan Pascale), il film inquadra il tormento creativo del protagonista (superbo Gary Oldman), esaltato da vari flashback che scontornano progressivamente la sua personalità, il percorso lavorativo, l’estrazione, il bisogno di sfidare il sistema rappresentato dai produttori e dal nemmeno troppo occulto finanziatore William Randolph Hearst (Charles Dance). Scene con intestazioni da copione per una storia che si scrive sotto i nostri occhi e conferisce giusta dignità alla “pupa” del mogul Marion Davies (una meravigliosa Seyfried).