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Trama

Ormai trentunenne e in procinto di terminare un dottorato in filosofia a Tel Aviv, l’ebreo-georgiano Zaza, residente ad Haifa, è costretto dai genitori Yasha e Lili e dal numeroso ed ingombrante parentado a prendere moglie.

Così, accetta estenuanti visite a casa di sconosciute “candidate”, giovanissime e poco interessanti.

L’uomo, però, coltiva una relazione segreta con la divorziata marocchina Judith, di tre anni più vecchia e con la piccola Madona a carico.

Fiutato l’inghippo, secondo tradizione inaccettabile per un’infinità di motivi, la famiglia prende le sue contromisure.

Recensione

Il doppiaggio italiano ha deciso di annullare il contrasto tra le due lingue dell’originale, il georgiano (lingua del regista) e l’ebraico, tuttavia il film conserva il suo valore acritico nei confronti delle rigide tradizioni e della persistente (e, evidentemente, inutile) superstizione, a tutto vantaggio dell’unica panacea: il libero arbitrio.

Kosashvili, al debutto, mette l’accento sull’impossibilità di comunicare tra generazioni diverse, e la confusione dei nomi del protagonista testimonia del suo essere combattuto.

Distinta, e tutt’altro che facile, la scelta di mantenere un tono da commedia (con un’audace ma esplicativa scena di sesso) per tre quarti della pellicola, salvo poi svoltare verso il dramma meno conciliante e brutalmente più realistico.

L’amarezza del falso lieto fine, dunque, prende piede per suscitare riflessioni anche di molto posteriori alla visione.

Max Marmotta