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Trama

Carlo e Giulia Ristuccia stanno attraversando una grave crisi coniugale, con notevoli ripercussioni sui loro figli maggiorenni Valentina e Paolo.

Marito e moglie vivono infatti nella totale routine, insoddisfatti dei propri impieghi e incolpandosi inconsciamente a vicenda di avere vanificato le rispettive aspirazioni.

Prima del matrimonio Carlo sognava di diventare uno scrittore, mentre Giulia aveva le carte in regola per affermarsi come attrice teatrale.

In mezzo a questa bufera, Valentina, determinata a sfondare in tv, comincia a uscire con uomini di spettacolo per avere accesso ai provini che contano, mentre Paolo gioca la sua ultima carta per conquistare una compagna di scuola: una grande festa di compleanno a base di marijuana.

La situazione precipita quando il padre rincontra la sua vecchia fiamma Alessia e la madre torna a calcare le scene guidata dal regista Alfredo.

Recensione

Muccino colpisce ancora. Chi si aspetta un film zuccheroso rimarrà infatti deluso a fine proiezione, se non vagamente angosciato.

Il minore spazio dedicato alla commedia rispetto a L’ultimo bacio, di cui Ricordati di me rappresenta una sorta di ideale sequel dopo vent’anni di matrimonio (i protagonisti hanno gli stessi nomi), non impedisce al bravo regista di proseguire nella sua descrizione ironicamente sadica della famiglia contemporanea; un po’ sulla falsariga dell’ultima Cristina Comencini.

Una lettura comunque carica di sofferenza, specie quando traccia attorno ai personaggi un universo fastidioso, saturo di superficialità e caratterizzato da una forte incomunicabilità (persino via cellulare) con gli affetti più cari.

Il tutto viene sciorinato tramite una pregevole coerenza stilistica, segnata da settanta minuti iniziali di serratissimo montaggio e da vorticosi movimenti di macchina che scaraventano lo spettatore nel clou della vicenda.

E se la conseguente, improvvisa e necessaria battuta d’arresto sembra trovare ispirazione nella fiction, allora l’uso funzionale che se ne fa contribuisce a una valida interpretazione psicologica di ogni carattere, grazie soprattutto all’apporto della cosceneggiatrice Heidrun Schleef, già collaboratrice di Moretti e Calopresti.

Un’opera realizzata da un potenziale vero autore, votato a una graffiante satira sulla vanità televisiva (memorabile la sequenza del provino orchestrato da una reincarnazione femminile del dottor Mengele) e a piccoli momenti critici sulla risibile politica odierna.

Nota di merito per tutti gli interpreti, mirabilmente diretti; ma Bentivoglio (Carlo) è assolutamente inarrivabile.

Sax Marmotta