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Recensione

Quando un brand cinematografico è “in disuso” e prolungarlo significherebbe ricorrere a trame stiracchiate (per tacere della dubbia disponibilità di attori invecchiati), ora più che in precedenza si usa ricorrere al reboot o allo spin-off, in teoria metodi “rinfrescanti”, in pratica tentativi alquanto manifesti di raschiare il fondo del barile. Spesso, infatti, simili operazioni si rivelano redditizie fino a un certo punto, a onta di nuovi lussuosi cast messi insieme per l’occasione. Accadeva esattamente un anno fa con il comunque simpatico Ocean’s 8, si verifica ancora con questa costola – quasi altrettanto declinata al femminile, come giustamente preteso dall’aria dei tempi – di Men in Black che non si discosta dagli ingredienti e dallo humour originali (clima semi-goliardico condito da effetti speciali in linea con le spacconate dei protagonisti) ma non lascia un segno tangibile (il che, se vogliamo, è una caratteristica dell’intera serie). Il regista della precedente trilogia abitata da Will Smith e Tommy Lee Jones (citati in un dipinto), Barry Sonnenfeld, si limita a produrre, porgendo il megafono a F. Gary Gray, già esperto di riletture (The Italian Job) e seguiti (Be Cool, Fast & Furious 8). 

La buona notizia è che l’affiatamento di un idoneo Chris Hemsworth e della zelante Tessa Thompson, sperimentato in Thor – Ragnarök, permane tangibile. Il primo interpreta il navigato (e un po’ troppo sicuro di sé) agente H, “uomo in nero” appartenente al segretissimo corpo speciale che scova gli alieni e li scaccia se ritenuti indesiderabili (spunto alla base del franchising di cui è meglio non azzardare una lettura aggiornata…), cancellando le memorie di eventuali testimoni. L’altra è l’entusiasta matricola M, ossessionata dall’interazione con gli extraterrestri fin da quando, bambina, ne incontrò uno. L’incarico appartentemente semplice di scortare un ammanicato ospite si conclude con un attentato che spalanca un orizzonte di minacce internazionali e sospetti, un vero e proprio complotto da sventare rocambolescamente. 

Niente di strabiliante, ed era intuibile. Addirittura, in mezzo al déjà vu, si annida qualche parentesi tediosetta. Però i fans possono contare su almeno un personaggio divertente con barba parlante (Kayvan Novak, in triplo ruolo), sul defilato Rafe Spall (a lui va il carattere più ambiguo), su una potente Rebecca Ferguson e sui superiori impersonati dai divi Liam Neeson e, soprattutto, Emma Thompson. In lingua originale si può apprezzare anche la performance vocale del lanciatissimo Kumail Nanjiani (The Big Sick), che dà vita al minuscolo Pedino.

Max Marmotta