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Recensione

I personaggi creati dallo svedese Stieg Larsson (deceduto nel 2004) nella serie Millennium hanno generato nel 2009 una trilogia nata per la tv ma adattata anche per il cinema, composta da Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta; dal primo libro David Fincher ha ricavato nel 2011 una sua incisiva versione, che però non ha avuto continuazioni.

Intanto, dal 2015, il giornalista/scrittore David Lagercrantz, svedese anche lui, ha proseguito il lavoro di Larsson, consegnando alle stampe Quello che non uccide, sulla cui trasposizione per lo schermo ci soffermiamo, e L’uomo che inseguiva la sua ombra.

Stoccolma è ancora sullo sfondo (la co-produzione è d’obbligo), l’attenzione è definitivamente focalizzata sulla hacker Lisbeth Salander (l’affidabile Claire Foy è la sua nuova incarnazione), ormai trasformatasi in angelo vendicatore delle donne.

Quando le viene chiesto di recuperare un programma che scotta, si mette contro spie (in particolare Needham, validamente interpretato da Lakeith Stanfield), poliziotti e criminali, senza dimenticare un altro (immancabile) fantasma del suo passato.

Il cronista Mikael Blomqvist (che ha il volto dello Sverrir Gudnason di Borg McEnroe) resta un po’ in disparte, come appoggio prezioso.

Un film complessivamente ben girato e ben congegnato, con qualche turbamento di prammatica e l’intento fin troppo evidente di stabilire un format.

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Max Marmotta