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Recensione

Ci sono tracce del primo Aronofsky in questo atteso kolossal biblico che rappresenta (dopo un pregnante accenno alla Creazione) l’impresa divina dell’irremovibile Noè (un concentrato Crowe) e della sua famiglia (costruzione dell’Arca, accoglienza delle bestie) in vista del purificante Diluvio Universale.

Montaggi ossessivi provenienti dallo sperimentale π – Il teorema del delirio o dall’allucinato Requiem for a Dream (primo incontro con la Connelly), una propensione al New Age e alle visioni oniriche già caratteristica de L’albero della vita – The Fountain.

Inoltre, c’è un’interessante valorizzazione degli animali e della natura in genere: per esempio, il perfido Tubal-cain (Winstone), dell’irriguardosa stirpe di Caino, è un carnivoro convinto, mentre i pacifici protagonisti, discendenti da Seth, mangiano i frutti della terra.

Per contro, il patriarca lascia morire e uccide, forte della missione che gli è stata affidata, il che forse è paradossalmente riconducibile di nuovo alla natura corrotta dell’uomo.

Non è che uno dei possibili ragionamenti su un’opera in ogni caso ambiziosa (è distribuita anche in 3D) e magniloquente, non esattamente fedele – c’è quasi una consolidata “tradizione” cinematografica in merito – al Vecchio Testamento.

Le perplessità emergono, piuttosto, su certe forzature: era così necessaria l’invenzione di una sorta di lanciarazzi in una scena di battaglia? Non si poteva trovare di meglio della “tazza di tè” che Matusalemme (lo stancamente carismatico Hopkins) offre al nipote?.

Inutili, intricati nodi.

Max Marmotta