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Trama

Justine è sposata con lo scrittore Richard, più grande di lei, ormai da quindici anni. Hanno tre bambini che adorano, Constantin, Jérémy e Jacob; ciononostante il loro rapporto è in una crisi profonda.

La coppia non riesce a riprendersi dai continui litigi e da un’incompatibilità che appare insanabile.

La separazione è la soluzione più semplice: l’uomo va a lavorare a Barcellona, mentre sua moglie si abbandona ai ricordi: le incomprensioni con il distratto padre, i primi corteggiamenti… .

Recensione

Già autrice, nel 1995, del cortometraggio L’aube à l’envers (già con la bravissima Judith Godrèche), l’icona francese Sophie Marceau debutta nel lungo, resistendo alla tentazione di recitare, con questa storia d’amore dal sapore dichiaratamente autobiografico.

Infatti, il lungo rapporto con il regista Andrzej Zulawski (che l’ha diretta quattro volte), anch’egli più anziano dell’attrice, conobbe un periodo di stallo.

La neo-regista, che maschera abilmente l’incipit mostrandoci una famiglia assolutamente serena, si serve di durevoli piani-sequenza, usa adeguatamente il flashback e gira con intensità –talvolta accettabilmente retorica– più di una scena (quella con il solitario Richard di fronte ad una vetrina, per esempio).

Bene orchestrati pure i momenti con i bambini e il confronto dell’infelice Justine con il suo “imboscato” genitore, nonché i tormenti artistici di Richard (l’indimenticato, ed ingrassato, Niels Arestrup di Tentazione di Venere).

Purtroppo, il ricercato senso di trascinamento che pervade la pellicola finisce con l’inficiare il ritmo e quindi il risultato finale.

Il titolo originale, mutuato dalla canzone eseguita da Lucienne Boyer, era già stato utilizzato per cinque film, fra cui un italiano, un documentario e uno short.

Max Marmotta