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Trama

Giovedì. L’impegnatissima psicologa Tess, vedova, ha ancora un mucchio di cose da organizzare (il catering, ad esempio) all’antevigilia delle sue seconde nozze con il premuroso Ryan, mentre la figlia quindicenne Anna è alle prese con i problemi tipici della sua età: gli screzi con il fratellino Harry, un imminente esame scolastico, la preparazione di un’insperata esibizione del suo piccolo gruppo rock (lei suona la chitarra elettrica), nel quale militano pure le compagne Peg e Maddie, gli attriti con l’antipatica Stacey, un tempo sua amica, la prima cotta importante (per il belloccio Jake).

Durante l’ennesimo litigio familiare, che ha luogo in un ristorante cinese, la madre della proprietaria Pei-Pei offre loro un biscotto della fortuna.

Venerdì. Tess si sveglia nel corpo di Anna e viceversa. In ruoli sistematicamente invertiti e fra mille preoccupazioni, senza farsi accorgere da Harry e dal nonno sordo, le due devono affrontare una ben strana giornata.

Senza contare che l’indomani c’è il matrimonio… .

Recensione

Remake dell’altrettanto disneyano Tutto accadde un venerdì (1976), tratto dallo stesso libro della Rodgers e diretto da Gary Nelson, interpretato da Barbara Harris e Jodie Foster, nella finzione rispettivamente madre e figlia (però lo spunto, al maschile, è stato sfruttato più volte, vedi Tale padre tale figlio).

Proprio per la Foster, che naturalmente stavolta avrebbe fatto la genitrice, era stata pensata questa nuova versione, successivamente proposta a Annette Bening.

Ma la Curtis e la giovanissima Lohan sono bravissime a scambiarsi i ruoli, ad imitarsi e a rendere credibili i loro personaggi invertiti, per cui è stata una fortuna per il regista Mark Waters (che non azzeccava un film dai tempi de La casa del sì) averle a disposizione per questo suo nuovo lavoro.

La ricerca della grazia tipica del film per famiglie non interferisce con un piacevole senso del ritmo e con una sceneggiatura sufficientemente frizzante, sia nelle gag visive che in quelle verbali.

Della partita è pure l’incanutito Mark Harmon (Ryan), divo della fine degli anni ’80 del quale si erano più o meno perse le tracce.

Un paio di dettagli ingiustificati: l’antipatico Harry diventa d’un tratto affettuoso (difficile affermare che lo fosse intimamente) e il terremoto che precede il secondo “ribaltamento”, stavolta chissà perché immediato, è percepito anche da altre persone.

Max Marmotta