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Recensione

Dopo il corposo apprezzamento ricevuto da critica e pubblico per La ricerca della felicità, l’avventura americana di Gabriele Muccino non poteva concludersi bruscamente.

Ecco quindi un dignitoso bis dallo shakespeariano titolo originale, ancora recitato, com’era in un certo senso ovvio, dal generoso Will Smith, stavolta nei panni di Ben Thomas, apparentemente un agente del fisco, in realtà pervicace cercatore di anime pure da aiutare, economicamente e, diciamo, biologicamente.

Ma il soprannaturale non c’entra nulla, si tratta di un’espiazione sofferta (quanto più possibile) e legata al passato dell’enigmatico giovanotto, passato che scopriamo a poco a poco (proprio come in Io sono leggenda, tanto per tracciare un fil rouge interpretativo nella recente carriera del protagonista) e che non è di sicuro opportuno rivelare per non sciupare neppure un grammo delle emozioni che il film, anche un po’ furbamente, è in grado di regalare.

Si sappia solo che un tempo c’era una moglie e che la sua figura è evocata dalla bella cardiopatica Emily (Rosario Dawson, è sempre un piacere incontrarla).

Per l’appunto, la scelta, pur comprensibile, di soffermarsi da un dato momento in poi su quest’ultimo personaggio rischia a tratti di inaridire il racconto, provvido di altri volti e altre voci e già minato da alcune incongruenze (su tutte, l’improbabile viavai dall’ospedale a qualsiasi ora da parte del protagonista).

Tuttavia, a visione ultimata è chiaro che si tratta di imperfezioni incapaci di intaccare un impianto sostanzialmente pensato per il pubblico (caratteristica immancabile nel cinema dell’autore nostrano) e all’uopo adeguatamente confezionato, con riprese accurate e ruoli di contorno studiati con sufficiente attenzione.

Insomma, dribblati i pericoli, Muccino adesso rilancerà con una sfida peggiore: dare seguito a L’ultimo bacio.

Max Marmotta