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Recensione

Lo sguardo sul mondo del lavoro dell’inscalfibile Ken Loach, osservatore immancabilmente aggiornato sulle nuove aberrazioni che lo attanagliano e lo intossicano, è sempre lucido e pessimista, a prescindere da eventuali iniezioni di ironia.

Il fatto che al già disperato Io, Daniel Blake segua la sconsolata vicenda dell’affidabile Ricky (Kris Hitchen) che prova a mettersi in proprio come fattorino, ma – ecco l’abbaglio sotto l’ala organizzatrice di un’azienda che si rivela progressivamente stritolante e spietata (ottima, in tal senso, la scelta di affidare il ruolo del rude capo Maloney all’ex-poliziotto Ross Brewster, minaccioso fin nel fisico), la dice lunga sui tempi che corrono.

Il protagonista investe parecchio nell’attività: vende l’auto della moglie Abbie (Debbie Honeywood), paziente badante a domicilio costretta perciò a spostarsi da un capo all’altro di Newcastle con i mezzi (uno dei personaggi femminili più belli scritti dal fedele Paul Laverty), e presto rileva dei turni massacranti.

La conseguente e persistente assenza dei coniugi ricade sui figli: il pur sensibile maggiore, Seb (Rhys Stone), trascura la scuola per fare il graffitaro, mentre la piccola Liza Jane (Katie Proctor) risente della tensione che si sprigiona in casa.

La situazione non può che peggiorare, ci illustrano gli autori (l’avviso prestampato che dà il titolo al film paiono anche inutili scuse di rito dell’intero sistema).

Si va a sbattere. .

Max Marmotta