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Recensione

La lista dei sequels “tardivi” (cioè girati 15-20 anni dopo l’originale) s’allunga.

Un n. 2 che non può contare sull’onda del successo d’un titolo di culto s’affida alla nostalgia di coloro che l’amarono.

Il caso in esame è ancor più particolare.

Come per Trainspotting lo script del riconfermato John Hodge  trae spunto dai personaggi creati da Irvine Welsh (sempre presente nel ruolo di Mikey) per il suo singolare universo letterario, attingendo in prevalenza dal romanzo Porno.

Poiché si ripercorrono con precisione “alla Zemeckismolti passaggi, luoghi, musiche del film del ’96 (anche con immagini “di repertorio”), conoscerlo è necessario per cogliere l’atmosfera malinconica incentrata sull’inesorabilità del tempo.

Lo stile lisergico s’“imborghesisce”, adattandosi agli invecchiati protagonisti: Renton (McGregor), tornato nella natia Edimburgo dopo aver raggirato gli invadenti amici, Simon “Sick Boy” (Miller), che nel rivederlo medita vendetta, il “candido” Spud (Bremner), che godette della considerazione del fuggiasco e ora è un derelitto, e il pazzoide Begbie (Carlyle), che intende filarsela dalla prigione (ed è meglio non trovarselo davanti).

I primi tre s’imbarcano in un affare che li riavvicina… Boyle, malgrado alcune forzature (l’alter ego dell’autore, il monologo aggiornato di Mark, Franco che coinvolge il figlio in una rapina), padroneggia perfettamente il tutto.

Rispuntano pure Kelly Macdonald e Shirley Henderson.

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Max Marmotta