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Trama

Luigi Manin è uno dei tanti soldati italiani reclusi nel campo di prigionia di Hereford, situato in un deserto degli Stati Uniti, dopo l’8 settembre 1943.

I soldati non credono all’armistizio con le forze anglo-americane e alla fine della guerra e si rifiutano di firmare una dichiarazione in cui rinnegano i crimini fascisti.

Ogni tanto qualcuno cede e viene rimpatriato, ma Manin, innamorato della vivandiera Betty, non è fra questi.

Tenta la fuga e viene ripreso. Ricondotto al carcere militare, scopre che è stato sgomberato. È rimasto solo il colonnello Gartner, attardatosi per motivi personali. I due sono costretti a convivere in attesa di una pattuglia che non si presenta e danno luogo ad un ideale prolungamento del conflitto.

Recensione

Girato in Bulgaria, il film di Serafini pone il solito problema dell’uniformità linguistica dei protagonisti, in altre occasioni più convincenti (soprattutto il ritrovato Roy Scheider).

Sembra costruito sulla falsariga di due commedie degli anni ’60, I due nemici e I due colonnelli, ma qui tira un’aria sostanzialmente più drammatica.

Fra le note positive, una doverosa, e in questi casi inevitabile, critica alle degenerazioni belliche (benché la vera guerra rimanga opportunamente al di fuori) e la descrizione del sentimento contrastante (libertà o tradimento?) provato dai soldati che decidono di firmare.

Molti i risvolti da tv-movie; tuttavia la narrazione acquisisce maggiore interesse da quando Manin e Gartner restano soli.

L’italo-americano Vincent Riotta è di solito accreditato con il suo vero nome, Vincenzo Ricotta.

Max Marmotta