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Recensione

Dopo Più buio di mezzanotte (2014), ambientato nella sua Catania, Sebastiano Riso si sposta in una Roma marginale e illustra, con i co-sceneggiatori Andrea Cedrola e Stefano Grasso (ma nel copione non tutta fila liscio), una vicenda di degrado umano ancorata (purtroppo) alla realtà.

Il francese Vincent, forte dell’amore che la fragile compagna Maria prova per lui, la costringe a una vita semiclandestina e a una gravidanza dopo l’altra; dopo i parti, i bambini sono venduti a coppie abbienti che, per vari motivi, non possono averne.

La donna, provata nel corpo e nel desiderio di maternità, nel corso dell’ultima, pericolosa gestazione, si ribella.

Il regista (vittima in questi giorni di una vergognosa aggressione omofoba), prendendosi i suoi tempi (vedi la splendida panoramica verso l’esterno in un momento di conflitto), descrive – ricorrendo a disvelamenti progressivi e a un buon finale un mondo marcio (ovvie le collusioni con il medico e con una “procuratrice”), anche dal lato dei presumibilmente disperati compratori (c’è perfino chi, in caso di gravi problemi, esige il rimborso).

La credibile Ramazzotti contorce il bel viso per la sofferenza, Bruelcantattore popolare in patria – è un’azzeccata scelta di casting (il suo percorso obnubilato ricorda quello del protagonista di Stepfather – Il patrigno).

Valido il resto del cast, da Cerlino (sordido dottore) alla stupenda De Angelis; a Pippo Delbono bastano due battute…  .

Max Marmotta