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Recensione

Se proviamo a domandarci quale comico americano si sia distinto per bravura da una dozzina d’anni in qua nel panorama internazionale, anche grazie a una sporadica attività registica, la risposta non può che essere Ben Stiller.

Versatile, acuto, autoironico, atipico nella mimica e misurato nella recitazione, tanto da avere dimostrato di possedere discrete doti drammatiche, il nostro, da solo o in coppia con il fedelissimo Owen Wilson (è pure qui, benché non accreditato), infonde ai suoi personaggi perfino una certa antipatia, che gli consente in seguito di accentuarne il lato ridicolo.

L’unico problema dell’abile commediante in esame sono le scelte. È dai tempi del sopravvalutato Tutti pazzi per Mary che Stiller, figlio dei colleghi Jerry e Anne Meara (altra partecipazione speciale in questa sua ultima fatica), si butta spesso via in operine che possono magari divertire in qualche scorcio, ma le cui sceneggiature in determinati casi gridano vendetta.

Una notte al museo è così, gradevole e basta. Diretto dal mestierante Shawn Levy (Una scatenata dozzina, la più recente versione de La Pantera Rosa), colmo di riusciti effetti speciali (è la storia di uno spiantato guardiano notturno che scopre con sgomento che fossili e statue del museo da lui sorvegliato prendono vita dopo il tramonto a causa di una sorta di antica maledizione) i quali per la verità ricordano Jumanji (toh, c’è addirittura Robin Williams), il film si lascia guardare e imbrocca delle idee, ma rinuncia ad alcuni nessi e a una generale compattezza dello script, senza contare la vacuità dei giochi di parole (per quanto si tratti sostanzialmente di questioni di doppiaggio).

Altrettanto sprecata appare la galleria di volti grosso modo noti a condire il tutto (dal rivale in amore Paul Rudd al centurione attaccabrighe Steve Coogan, all’irriconoscibile Pierfrancesco Favino/Cristoforo Colombo!), nonostante si debba ammettere la straordinaria vitalità di tre grandi, irriducibili vecchi (nei ruoli degli ambigui ex-custodi): Van Dyke, Rooney e il meno noto Cobbs.

Max Marmotta