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Recensione

Forse non si dovrebbe. Forse sarebbe opportuno, quando si imbrocca un film che incassa, soprattutto una commedia, godersi il risultato, e al massimo, se proprio non si può evitare, attendere con calma che soggiunga un’altra idea vincente, prima di gettarsi a capofitto nella realizzazione di qualche indegno seguito.

Ma il mercato ha le sue regole, anche quello cinematografico; sicché, il discreto plot degli sceneggiatori di Una notte da leoni (2009), Jon Lucas e Scott Moore (un gruppo di amici dopo un addio al celibato si risveglia a Las Vegas, immemore della notte brava appena trascorsa e di che fine abbia fatto il festeggiato), qui rimpiazzati da Craig Mazin, Scot Armstrong e dal confermato regista Phillips, viene stancamente riproposto, cambiando giusto lo sfondo, decisamente più esotico (siamo a Bangkok, nei cui pressi stavolta dovrebbe sposarsi Stu/Helms con la graziosa Lauren/Chung, di origini thailandesi, e dove si raduna la banda di compari, completata dal macho coniugato Phil/Cooper e dall’imbucato e stressante Alan/Galifianakis), e sostituendo la persona scomparsa (si tratta del giovanissimo quasi cognato Teddy/Lee).

Una dose rincarata di volgarità (per giunta “censurata”, per evitare divieti peggiori in patria), spesso veicolata dal ripetitivo Mr. Chow/Jeong, non può certo colmare le lacune di ritmo e inventiva, e si può dire lo stesso per le partecipazioni di Mike Tyson (ancora nel ruolo di se stesso), dello sprecato Paul Giamatti e di Nick Cassavetes (una curiosità: il suo tatuatore all’inizio doveva interpretarlo Mel Gibson, poi Liam Neeson); quanto alla sequenza esplicativa lungo i titoli di coda, era la trovata maggiormente brillante del primo episodio.

Ma poco importa: il pubblico accorre ed esce pure abbastanza soddisfatto. Quindi, appuntamento tra un paio d’anni con il n° 3. Ad Amsterdam, pare.

Max Marmotta