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Recensione

Un film sul pettegolezzo per il professionale, eclettico ma discontinuo Rob Reiner (Stand by Me – Ricordo di un’estate, Harry, ti presento Sally…, Misery non deve morire, Codice d’onore, Alex & Emma), che affonda le sue radici ne Il laureato, il celebre film del 1967 di Mike Nichols (tratto da un libro di Charles Webb) che lanciò Dustin Hoffman e divenne una sorta di manifesto generazionale, anche grazie alle immortali canzoni di Simon & Garfunkel.

Per meglio adattarsi alle vere età dei loro attori, Reiner e lo sceneggiatore Ted Griffin hanno piazzato la vicenda nel 1997, quando cioè Sarah (Aniston) sta recandosi nella natia Pasadena per il matrimonio della sorellina Annie (Suvari), del tutto ignara del fatto che di lì a poco, a causa di alcune scoperte inerenti il passato turbolento della sua famiglia (la madre, ormai defunta, ebbe un giovane amante, oggi professore universitario, che intessé una relazione pure con la nonna), la sue certezze crolleranno; perché la signorina, fra l’altro, non è affatto convinta del suo futuro con il fidanzato Jeff (Ruffalo, utilizzato al di sotto delle sue possibilità), e queste rivelazioni “genetiche” non le instillano fiducia di sicuro.

La commedia alterna momenti godibili, e il merito va perlopiù all’arcigna tipizzata MacLaine, ad altri di stanca, e vorrebbe presentare l’istituzione matrimoniale come un’àncora vitale salda purché ponderata.

Non è nulla di trascendentale, un intrattenimento abbastanza decoroso. Principalmente, è il cast a destare della curiosità, in parte disattesa: si va da una Aniston in cerca di riscatto e credibilità cinematografici a un troppo morigerato Costner, da un’irriconoscibile (e non accreditata) Kathy Bates, amica del regista, fino a un Richard Jenkins (il padre di Sarah) che una volta ancora dimostra che il ruolo di caratterista gli va stretto.

Max Marmotta