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Trama

Agustín Rejas, ex-avvocato bilingue (parla alla perfezione l’idioma del suo entroterra) con alle spalle una giovinezza difficile, è oggi un inflessibile poliziotto sudamericano, poco in linea con i dettami repressivi del suo governo ma assolutamente determinato a catturare un capo-guerriglia che si fa chiamare Ezequiel e semina morte da anni, organizzando attentati che colpiscono le alte cariche o fanno strage di innocenti.

Agli ordini del generale Merino e, sempre più spesso, dell’ambiguo Calderón, personalità molto vicina al presidente, il detective si appropinqua con metodo al suo obbiettivo, scoprendone le origini e comprendendo di averlo già incontrato tempo addietro (non esistono foto del criminale, autoprofessatosi un pilastro del comunismo).

Scarsamente confortato da una moglie frivola, l’uomo si interessa a Yolanda, l’insegnante di danza della figlia Laura.

Recensione

Si parlava da anni di questo debutto dietro la macchina da presa di John Malkovich, attore fuori dagli schemi che, in quanto tale, sceglie di addentrarsi in una vicenda di origine letteraria ma radicata, seppur aleatoriamente, alla realtà peruviana di Sendero Luminoso e del suo leader Guzmán, dallo stampo non proprio frequente nel cinema statunitense, soprattutto per i retroscena politici.

E lo fa con uno stile da poliziesco avvincente e sommesso, anomalo, indugiante eppure insinuante, spostando l’attenzione su un protagonista integerrimo e dubbioso (insuperabile Javier Bardem), un eroe credibilmente motivato dalla propria storia personale e umanamente incline al difetto, alla valutazione sbagliata; insomma, un modello positivo vulnerabile, e perciò fuori dagli schemi del prodotto d’intrattenimento.

Fondamentali anche la rappresentazione di un non-luogo (riprese effettuate tra Portogallo e Guatemala) e il frustrante contrasto tra potere repressivo costituito e azione rivoluzionaria dissennata.

Malkovich ha conosciuto Cintra (Calderón) sui set di de Oliveira.

Max Marmotta