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Recensione

Ormai gli adattamenti cinematografici delle avventure dei supereroi a fumetti, specialmente quelli della Marvel (con l’immancabile benedizione in forma di cameo del loro creatore Stan Lee), sono diventati una moda, ancorché piacevole.

Già, perché l’attore-regista Jon Favreau, che aveva già dato prova delle sua versatilità dirigendo un paio di film per ragazzi (Elf e Zathura) e lasciato inequivocabile testimonianza della sua passione per il genere recitando in Daredevil, ha raggiunto lo scopo di raccontare le gesta dell’“uomo di ferro” (in realtà, riguardo alla composizione della sua armatura, trattasi di lega di oro e titanio, come viene opportunamente sottolineato) assecondando un registro classico, anche grazie al concreto apporto (al di là di qualche distrazione) dei suoi quattro sceneggiatori, ma non si è dimenticato di infondere alla complessivamente più che riuscita operazione un ammodernamento attuale quanto necessario concernente la condanna di ogni forma di conflitto armato.

Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, infatti, il protagonista Tony Stark (l’attivissimo Downey, del tutto a suo agio) è da principio un “signore della guerra”, un geniale inventore di congegni mortali che ha ereditato un’importante e fiorente industria dal defunto padre e la gestisce adesso con l’ambiguo ex-socio di quest’ultimo, Obadiah Stane (un camuffato e inquietante Bridges).

Reduce da un sequestro in Medio Oriente (ogni riferimento geografico è assolutamente relativo) che gli ha aperto gli occhi sull’aspetto torbido del proprio mestiere, Stark, con il prezioso aiuto della segretaria tuttofare Pepper (Paltrow) e dell’illuminato militare (ossimoro?) Jim Rhodes (Howard, sull’argomento pure nell’interessante ma imperfetto The Hunting Party), tenta di porre rimedio agli errori, e si scontra con un sistema oscuro.

Continua? .

Max Marmotta