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Recensione

Se non ci fossero le bravissime protagoniste a sorreggerlo, il film dell’inglese Dellal (precedenti d’attrice e un pugno di regie pressoché sconosciute) rischierebbe, più che di navigare a vista, di finire in balia delle onde.

E non perché il soggetto – scritto dalla stessa autrice e sviluppato in sceneggiatura dalla collega Nikole Beckwith – sia privo d’interesse o non attuale.

La trama si muove intorno alla sedicenne Ramona che tutti chiaman Ray (Fanning, in cerca di conferme), consapevole di essere un ragazzo intrappolato in un corpo femminile e perciò determinata/o a intraprendere una cura ormonale che sancisca definitivamente il passaggio.

Sua madre Maggie (Watts), qualche disastro sentimentale alle spalle, non ha obiezioni (pregio della pellicola è quello di gettarci in medias res), mentre la nonna presso cui entrambe risiedono inerti, Dolly (Sarandon), sicuramente inquadrata come anticonformista all’epoca in cui decise di convivere con la sua compagna Frances (Emond), esprime delle perplessità, domandandosi per quale motivo la ragazza non si accontenti di dichiararsi lesbica (inevitabile gap generazionale).

Per procedere, però, ci vuole il consenso del padre, ormai perso di vista.

Il plot, che solleva importanti questioni transgender, a volte si dipana zoppicando, fra incongruenze e ammanchi di preteso humour, zigzagando tra un esaurimento e l’altro, con i “fantasmi” maschili a reclamare un ruolo, forse legittimo.

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Max Marmotta