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Recensione

Cambio di co-sceneggiatori per Verdone, e si sente.

Collaborando con Nicola Guaglianone e Menotti, artefici dell’exploit Lo chiamavano Jeeg Robot (da cui arriva pure la verace co-protagonista Pastorelli), il simpatico cineasta romano, che ultimamente aveva dato segni di stanchezza, ritrova il gusto per la situazione comica (con richiami velatissimi a Troppo forte e Maledetto il giorno che t’ho incontrato), senza accantonare quell’amarezza di fondo che lo accompagna da sempre.

Lo sfondo si presta all’equivoco grossier, lavorando Guglielmo (il carattere centrale) in un importante negozio di articoli sacri (l’ambiente ecclesiastico è spesso bonariamente irriso dall’autore, già da Un sacco bello e Acqua e sapone).

Dato che la sua commessa – personaggio colpevolmente trascurato – scappa con la moglie (Lante della Rovere) proprio in occasione delle Nozze d’Argento, il nostro, smarrito, prende in prova con scarsa convinzione l’intuitiva e un po’ grezza Luna, che lo spinge a far uso delle APP per (buffi) incontri al buio (tema abbordato pure ne L’amore è eterno finché dura).

Qualche contenuta arditezza (incluso un insolito numero musicale onirico), altri possibili links (i ritorni in ospedale ricordano Il mio miglior nemico), un garbato (e non scontato) risvolto finale.

Ma saremmo ancora curiosi di vedere come se la caverebbe Carlo nella sola veste di regista.

Il titolo di lavorazione, per fortuna abbandonato, era Luna e l’altro.

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Max Marmotta