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Trama

Anni Trenta. Nella piccola Dogville arriva la fuggiasca Grace, tallonata da misteriose automobili. La accoglie Tom, figlio di un medico e aspirante scrittore. I suoi compaesani guardano con scetticismo all’intrusa e le concedono, per intercessione del giovane, due settimane di asilo, superate le quali decreteranno in merito alla sua eventuale permanenza.

Per farsi accettare Grace lavora per un’ora al giorno presso ogni famiglia della comunità: aiuta gli Henson, genitori dello studente di ingegneria Bill e di Liz, a fabbricare bicchieri, il burbero Chuck a raccogliere mele, sua moglie Vera ad accudire i sette figli (fra cui il capriccioso Jason); e ancora, il commerciante semplicione Ben, Olivia, badante dell’invalida June, la candida Martha; si prodiga pure per le artigiane Gloria e Ma Ginger, autrici di sette statuine che per Grace rappresentano un simbolo di conquista della libertà, e per Jack, solo e ormai cieco.

Ma l’ospite continua ad essere ricercata… .

Recensione

Primo film di una trilogia, privato di 40 minuti dall’apprensiva distribuzione italiana, suddiviso in nove capitoli con un prologo, Dogville è dotato di una scenografia scarna (la cittadina non è che una pianta disegnata con il gesso, niente pareti nelle case ma solo qualche stralcio di arredamento) che lo rende prossimo ad una pièce teatrale e al contempo potentemente metaforico (in un luogo senza mura ogni azione è visibile, non ci sono segreti).

Allontanatosi dalle discusse regole del Dogma, von Trier non ne rinnega dunque i contenuti: anche in una rappresentazione artificiale può emergere (complici i profondi dialoghi) una riproduzione della nuda verità, con le sue umane e ineluttabili miserie e cattiverie, con i suoi animi corrotti, con le sue vie per l’inferno lastricate di buone intenzioni.

In tale ottica, l’ignavia di Tom (Bettany), il più caritatevole nei confronti di Grace (ovvero “Grazia”, non a caso ignorata), della quale ognuno recepisce gli insegnamenti senza saperli applicare, è esemplare.

Il paese è un’allegoria del mondo-cane (illustrato dai titoli di coda) da dove la protagonista (un’eccellente Kidman), pur odiata, non può scappare, benché disponga di un potere che non saprà fare a meno di esercitare nel tragico finale.

Max Marmotta