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Trama

Palermo, 1992. In seguito alla strage di Capaci del 23 maggio, al giudice Paolo Borsellino viene rinforzato il servizio di scorta.

La squadra Quarto Savona 21 è coordinata da Agostino Catalano ed è composta da Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Antonio Vullo e Claudio Traina.

A completarla giunge la sarda Emanuela Loi, poliziotta per necessità, intimamente impaurita e desiderosa di un trasferimento.

Nasconde il suo nuovo incarico ai genitori (confidandosi invece con la sorella Claudia) e progetta con il suo fidanzato un matrimonio.

Attraverso i colloqui con il reticente detenuto Palmara, Borsellino prosegue le sue indagini. Il livello di guardia attorno a lui è alto (e gli agenti cominciano a sospettare di doppiogiochismo un funzionario interno, Arena), ma ciò non impedirà un nuovo eccidio mafioso, il 19 luglio.

Recensione

Non sempre i buoni propositi si traducono in buoni film. Questo di Rocco Cesareo (il drammatico Il popolo degli uccelli, con Lando Buzzanca) è un esempio di appassionato stile televisivo prestato al cinema: la volontà di indignare c’è (e ripercorrere pagine così dolorose di storia recente inevitabilmente suscita rabbia), ma manca la mano di un Damiani o di un Vancini dei bei tempi, o persino di un Giuseppe Ferrara: il suo Giovanni Falcone risultava affrettato e poco riuscito, però almeno attingeva più fedelmente alla cronaca.

Stavolta, invece, molti sono i dettagli lasciati al caso o forse inventati, su tutti l’atteggiamento troppo cordiale di Paolo Borsellino, notoriamente corrucciato e conscio di disporre di poco tempo nei 57 giorni che separarono le due stragi, o il comportamento contraddittorio dell’immaginario Palmara.

L’aspetto delle indagini, poi, sembra completamente abbandonato, facendo sembrare l’attentato finale quasi come un immotivato punto d’arrivo; ma probabilmente è un espediente narrativo per concentrarsi sullo scopo principale della pellicola: le storie individuali, il sacrificio del singolo.

Il regista si affida ad attori alacri con poco cinema alle spalle, provenienti da teatro e tv: le Boccoli (le sorelle Loi), Insegno (Catalano), Garrani (Borsellino), Lo Monaco (l’ispettore capo); molte delle altre interpretazioni, però, risultano spesso insufficienti.

Indiscutibilmente pregiata è la sequenza iniziale: i martiri, i veri eroi mostrati in foto private, alternate agli articoli di giornale che li riguardano.

Un modo per anteporre coscienziosamente l’insopportabile realtà a qualsiasi fiction.

Max Marmotta