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Recensione

Il fatto che dietro la macchina da presa ci fosse lo stesso mestierante dell’insipido film d’avventura Sahara lasciava presagire il peggio.

D’altro canto, in sede di produzione faceva bella mostra di sé il nome dell’insuperabile George A. Romero, autore dell’horror del 1973 di cui questo è il rifacimento, il che provocava perlomeno un respiro di sollievo.

Fortunatamente, il secondo, saldissimo elemento (che ha probabilmente seguito il progetto assai da vicino) ha prevalso sul primo, ed è il motivo per il quale La città verrà distrutta all’alba può essere inscritto fra le riletture di genere più riuscite degli ultimi tempi.

In effetti, se ci si pensa un attimo, la recente moda di attingere dai classici dei maestri Craven (Le colline hanno gli occhi, L’ultima casa a sinistra, uscito in Italia solo per il mercato home video, l’imminente Nightmare), Carpenter (The Fog, Halloween), Cunningham (Venerdì 13), Hooper (Non aprite quella porta) e compagnia cantante (forse sarebbe più corretto dire squartante) sta dando frutti il più delle volte – che non significa sempre – maturi, dove all’omaggio e all’evocazione stilistica (a prescindere dalla collocazione temporale dell’azione) si accosta la discreta capacità dei registi giovani di aggiornare i temi trattati senza smentirne la radice “maligna”, difficile se non impossibile da estirpare nell’uomo.

E poi, meglio estrarre da tale filone che da quello caotico e inebetito dei videogames. La trama, nel contesto, è quanto di più ordinario ci si possa attendere, ma è un altro punto a favore: a Ogden Marsh, una cittadina dell’Iowa, alcune persone cominciano a mostrare comportamenti assurdamente violenti; come scopriranno lo sceriffo e sua moglie medico, la causa è da ricercare nell’acqua corrente, ammorbata da un misterioso evento.

Max Marmotta