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Recensione

Dopo aver chiuso la sua trilogia vent’anni fa (La notte dei morti viventi, Zombi, Il giorno degli zombi), il massimo autore dell’horror contemporaneo George A. Romero ne inaugura una nuova, incrementando il budget come non mai (18 milioni di dollari) e senza trascurare quei temi, relativi all’osservazione dei mutamenti della società contemporanea, che nobilitano le precedenti pellicole rispetto ad altre produzioni di genere.

Certo, non bisogna aspettarsi grandi innovazioni nel soggetto, il quale a grandi linee continua ad ispirarsi a Matheson trovando anche dei momenti di Poe, ma è innegabile che Romero vada inserito in quel ristretto gruppo di cineasti americani che ha compreso a fondo i risvolti degli eventi storici più recenti.

L’umanità descritta dal regista è infatti in perenne stato di allerta e rigidamente divisa in classi sulla base della ricchezza.

I benestanti vivono nel Fiddler’s Green, un grattacielo con appartamenti e centro commerciale superprotetti, i miserabili nella zona sottostante, inebetiti dal vizio, mentre al di fuori, separati da un fiume e una rete ad alta tensione, i morti viventi.

Il mantenimento di questa gerarchia impone al capo assoluto, il plutocrate Kaufman (Hopper), di sfruttare anche per secondi fini una squadra armata della downtown (incaricata di recuperare periodicamente derrate alimentari nell’area occupata dagli zombi), tra i cui componenti ci sono il saggio Riley (Baker), l’arrogante Cholo (Leguizamo), Charlie (Joy), un minus habens dalla mira infallibile, e, in un secondo tempo, la reietta Slack (Argento).

Ma pochi sembrano accorgersi che il comportamento dei morti viventi sta cambiando, a causa dei continui massacri operati da alcuni membri della squadra.

Guidati da un benzinaio nero (Clark), passano difatti al contrattacco iniziando una lenta marcia verso il Fiddler’s.

Capovolgendo meravigliosamente gli archetipi da lui stesso inventati, Romero erge a metafora della massa dei diseredati del mondo gli zombi e indirizza tutte le sue frecciate verso i “vivi”.

Verso le leadership, responsabili solo del proprio conto in banca e di fomentare il terrorismo, e verso i subalterni, terribilmente appagati dai propri limitati orizzonti.

Un film di genere che può interessare anche i non appassionati, proprio perché caratterizzato da un prezioso rigore morale, nonché stilistico.

Sax Marmotta