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Recensione

Giunto alla terza regia (dopo Pelle d’angelo e l’inedito Si jétais toi), l’attore Vincent Pérez (Cyrano de Bergerac, Il viaggio di Capitan Fracassa, Il tulipano d’oro) affronta un romanzo di Hans Fallada ispirato a una storia vera, quella di due coniugi tedeschi che, perso il loro unico figlio al fronte, cominciarono a diffondere nella Berlino dei primi anni ’40 dei volantini contro il nazismo.

L’autore delle frasi ingiuriose per il regime è il marito, Otto, capofficina metallurgico, mentre la sua consorte Anna (nella realtà si chiamava Elise, ma qui le si assegna, non a caso, un altro nome palindromo), stufa a sua volta delle iniquità sociali alle quali è costretta ad assistere, lo spalleggia e lo copre.

L’assorto Brendan Gleeson e la trattenuta Emma Thompson danno corpo e dignità ai personaggi, mentre Daniel Brühl è lo zelante e metodico mastino messo alle loro costole dalle infastidite e arroganti SS (rappresentate dal terribile ufficiale incarnato dallo svedese Mikael Persbrandt).

Un carattere, quello del professionale e cosciente detective amaramente asservito, che lascia trapelare tutta la mortificazione e l’impotenza dettate dalla sua ovvia vigliaccheria, nonché, più in generale, da uno stato la cui oppressione si misura con il numero delle cartoline non denunciate o con gli sguardi (preoccupati? indignati? rassegnati? incuranti?) di chi le raccoglie.

Sotto una confezione “tranquilla”, insomma, pulsa un bel film.  .

Max Marmotta