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Trama

Mentre sta presenziando alla fastosa inaugurazione del museo dove sono custoditi i costumi dei mostri catturati durante un’onorata carriera, la “Misteri & Affini”, composta sempre da Fred Jones, Daphne Blake, Velma Dinkley, Norville “Shaggy” Rogers e dal pastore danese Scooby-Doo, riceve un terribile smacco, amplificato dalla presenza della spietata cronista Heather Jasper-Howe: un individuo mascherato ridà vita alle creature e agli spettri (fra i quali Capitan Cutler, il Cavaliere Nero, lo Pterodattilo, il Fantasma da 10.000 Volts, il Minatore), gettando nel panico la cittadina di Coolsville. In tanta mortificazione, più sentita dai fifoni Shaggy e Scooby, che pensano di non rivestire ruoli fondamentali all’interno della banda, c’è bisogno di rivalsa: rimboccatisi le maniche, i ragazzi cercano di risalire al colpevole, considerando gli strani comportamenti dell’apparentemente mite proprietario del museo Patrick Wisely (per lui Velma ha un debole) e l’aggirarsi sospetto dell’anziano affarista Wickles.

E se c’entrassero gli esperimenti del folle Jacobo, forse defunto nel tentativo di fuggire dal carcere che lo deteneva? .

Recensione

Ci sono sequel che dimostrano sin da subito di poter rimpiazzare l’ovvia mancanza di originalità con l’acquisizione del “marchio di fabbrica”, ovvero ritmo e strizzate d’occhio che avevano decretato il successo del primo film.

Scooby-Doo 2, che, con l’aiuto di un cast intatto (cane digitale compreso) guidato dal medesimo regista, persevera vieppiù nel riprodurre l’atmosfera del divertente cartoon bidimensionale di Hanna & Barbera citando direttamente alcuni cattivoni dei gloriosi episodi tv, parte appunto con questa sicurezza, e nessuno nega che ci siano alcune sequenze spassose (ad esempio, il travestimento di Scooby –doppiato da Neil Fanning in originale e da Nanni Baldini in italiano– e gli effetti della pozione), nonché spettacolari; ma la trama, meno interessante, si affloscia presto.

Troppi trucchi digitali divorano la pellicola, creando addirittura sequenze confusionarie (un paio di spoetizzanti peti, poi, non mancano mai).

Quel che è peggio, alla fine dei titoli di coda spunta una spudorata pubblicità alla versione per Game Boy del lungometraggio.

Si segnala un paio di momenti da videoclip, l’ultimo dei quali con Ruben Studdard e i Big Brovaz.

Max Marmotta