
Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith
- George Lucas
- Ewan McGregor, Hayden Christensen, Natalie Portman, Samuel L. Jackson
- Avventura, Azione, Fantascienza
- Stati Uniti
- 17 May 2005
Recensione
Dopo ventotto anni, George Lucas chiude la madre di tutte le saghe. Intenzionato a saldare definitivamente i debiti con il passato, l’autore si sta dedicando alla sceneggiatura del quarto e ultimo Indiana Jones (altra sua invenzione), a una versione tridimensionale delle due trilogie e a una serie televisiva in trenta puntate, dedicata ai personaggi minori di Star Wars, prima di votarsi al suo sogno d’inizio carriera: il cinema intimista.
Fu l’amico Coppola, che l’aveva aiutato a realizzare L’uomo che fuggì dal futuro, a convincerlo a buttarsi innanzitutto sulle opere commerciali.
E meno male che l’ha fatto. Questo Episodio III ci permette difatti di apprezzare, anche nei suoi alti e bassi, l’intero progetto: ogni mistero viene svelato e il finale si ricollega immediatamente all’Episodio IV.
A tre anni dall’inizio della guerra dei cloni, il conte Dooku (Lee) e il generale Grievous (Wood), fedeli al signore dei Sith, rapiscono il cancelliere della repubblica Palpatine (McDiarmid), il quale viene liberato dai cavalieri Jedi Anakin (Christensen) e Obi-Wan (McGregor).
Ma diversi incubi premonitori sconvolgono il giovane Skywalker: Padmé (Portman), sua sposa segreta in dolce attesa, potrebbe morire in seguito al parto.
Il cancelliere si offre di aiutarlo, mentre i maestri Yoda (Oz) e Mace Windu (Jackson) gli chiedono di spiare il politico, il quale sta concentrando nelle sue mani troppo potere.
Indeciso tra le promesse di Palpatine e l’atteggiamento del consiglio dei Jedi, che non vuole accettarlo nonostante i suoi meriti, Anakin deve comunque compiere una scelta dolorosa.
E sono pochissimi i momenti che non fanno riferimento a questo tema portante, per altro sottolineato da parecchie inquadrature in penombra, che simboleggiano il lato oscuro incombente.
Delle sei pellicole, l’Episodio III è infatti la più pessimista e forse anche la più militante: in fondo Lucas ci racconta come una repubblica possa ritrattare i propri principi fondamentali (“È così che muore la libertà: sotto applausi scroscianti” dice Padmé).
Il tutto senza dimenticarsi di fare spettacolo per famiglie (tramite un massiccio e razionale impiego di effetti visivi), con l’assistenza, nella regia della seconda unità, del compare Spielberg, che avrebbe dovuto dirigere Il ritorno dello Jedi.