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Recensione

Prima che uscisse lo splendido e aspro 45 anni, alcuni mesi or sono, in Italia Andrew Haigh non era che un “nome da festival”, appartenente a quella schiera che, per colpa di distribuzioni nostrane perennemente distratte o soltanto svogliate, rischia di essere dimenticata dopo la lettura di un palmarès.

Visto il successo di nicchia del film con Rampling e Courtenay, possiamo adesso apprezzare in sala (sebbene circoli in pochissime copie) questo suo lavoro quasi d’esordio – in precedenza il regista aveva girato l’ancor meno noto Greek Pete risalente al 2011 (la tempestività non è necessaria: basterebbe che le opere meritevoli di attenzione arrivassero, prima o poi), per di più in versione originale con sottotitoli (modalità in crescita pure dalle nostre parti).

Il plot inquadra l’incontro tra due ragazzi inglesi, Russell e Glen (gli intensi e complementari Tom Cullen e Chris New), l’uno piuttosto allineato e conciliante, l’altro dall’indole più ribelle e polemica.

Si conoscono un venerdì sera, si frequentano e si amano (ma l’intimità è rivelata per gradi)  nello spazio di un fine settimana, tra chiacchiere, fumo e confessioni spesso personali che conducono alla scoperta di parecchie affinità.

Sembra un “tallonamento della realtà”, tanto sono scarni gli episodi proposti e tanto paiono spontanei i dialoghi.

E siamo in effetti di fronte a un cinema della quotidianità che bisogna ancora pretendere. E preservare. .

Max Marmotta