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Recensione

In un panorama distributivo che si diverte a duplicare vecchi titoli (spesso reinventati) abbastanza noti (da Noi due sconosciuti a Insieme per forza a La regola del gioco), ecco un lungometraggio che in originale, con macabra ironia (per inciso, assente nel plot), suonerebbe più o meno “arte del pugnalare per principianti” e che invece in futuro sarà confuso con la prima avventura esclusiva della spia Jack Ryan, creata da Tom Clancy e impersonata da Harrison Ford nel 1992 in Patriot Games.

Dalle memorie di Michael Soussan, lo script di Daniel Pyne e del regista Fly (onorevole autore de L’eredità e Gli innocenti, qui piuttosto spaesato) squarcia il velo sulla corruzione che infettò il nobile programma Oil for Food, promosso dall’ONU per sfamare, attraverso la compravendita di petrolio, la popolazione irachena afflitta da Saddam.

Se ne accorge suo malgrado un giovane funzionario idealista (James, dalla saga interrotta Divergent), confuso dal savoir-faire del suo navigato ma ambiguo superiore (Kingsley, forse perché Hopkins non era disponibile) contrapposto alla ligia rigidità della fiduciaria locale (lode alla Bisset).

Al quadro s’aggiunge – per risvegliare la coscienza del protagonista, figlio di stimato diplomatico ucciso – una piacente interprete curda schierata dalla parte dei ribelli.

Ognuno ritiene la propria condotta moralmente legittima, ed è su questo aspetto che il film vuole farsi ricordare.

O almeno vorrebbe. .

Max Marmotta