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Recensione

Pellicola consistente (perfino nella durata) e serissima questa di Ozon, capace di rinunciare agli aspetti più ricercati del suo cinema per concentrarsi su un autentico, triste, grave fatto di cronaca (tornato al centro dell’attenzione per merito del film): la battaglia non solo legale d’un gruppo di lionesi, molestati da un sacerdote quando erano boy-scout e determinati a farlo rimuovere dalle sue funzioni quando scoprono che, dopo tanti anni e numerose proteste emerse in seguito alle sue azioni, opera ancora a contatto con i minori.

I danni provocati dalla condotta del prete (la cui non meno dolorosa storia personale, ovviamente, non lo giustifica) sono diversi in ciascun individuo, e il regista/sceneggiatore li affronta lucidamente, con linguaggio diretto e quasi “freddo”, perché ciò che interessa è anche la tendenza di alcune cariche della chiesa a sminuire accadimenti del genere, a infliggere punizioni blande, a insabbiare.

L’elegante scelta di far passare il testimone della serrata narrazione a tre personaggi – l’attonito Alexandre (Poupaud), il sempre più combattivo François (Ménochet) e il segnato Emmanuel (Arlaud), colpito da crisi epilettiche sulle quali, eloquentemente, non ci si sofferma – si rivela assai efficace e avvicina l’opera a Zodiac più che a Il caso Spotlight (pur citato).

Inoltre, nei momenti giusti e a latere si dà spazio ai congiunti dei protagonisti, alle loro sofferenze contingenti o riflesse.

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Max Marmotta