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Trama

Castelluzzo del Golfo è un paese troppo angusto per il siciliano Tanino (orfano di padre da quando aveva due mesi), il quale, con la scusa di restituire la videocamera all’amica di un’estate, Sally, parte alla volta degli Stati Uniti, sovvenzionato da un compaesano, Basilio, che vuole far pervenire diversi bagagli agli emigrati Li Causi.

Con in testa le appassionanti (a tratti) conversazioni sui danni del capitalismo con l’amico d’infanzia Giuseppe e negli occhi il cinema ultra-indipendente del regista Seymour Chinawsky, l’ingenuo ventenne, facile allo svenimento e fresco di studi cinematografici a Roma (dove ha convissuto con un chiassoso gruppo di pugliesi), fa tappa a Seaport, dove viene accolto dalla famiglia dell’attonita Sally.

In particolare, Tanino lega con la sorellina della ragazza e con la dolce madre, portando involontariamente scompiglio con la sua spontaneità e il suo inglese maccheronico.

Ma le avventure del giovanotto non si fermano qui: ripresi i contatti con i Li Causi (a cui era sfuggito al suo arrivo), finisce promesso sposo all’obesa Angelina, figlia del politico italo-americano Omobono, e si ritrova persino a New York… .

Recensione

Magari trabocca in durata e risente delle enormi vicissitudini produttive (la bancarotta di Cecchi Gori ha causato più di una interruzione nelle riprese); probabilmente, lo script ha subito per questi motivi qualche rimaneggiamento; può darsi che ogni tanto giri un po’ a vuoto.

Tuttavia, il nuovo e travagliato film di Paolo Virzì (che nel frattempo ha completato un altro lavoro, Caterina va in città) è ricco di contenuti, di argomenti di suggestioni, ed è evidentemente realizzato nel segno di una svolta artistica.

Già il fatto di cambiare regione e dialetto è indicativo; ma l’impietosa analisi di alcune realtà, quali la confusione politica (giovanile, ma non esclusivamente), l’insediamento “prefabbricato” degli emigranti (e le loro cattive abitudini), lo smottamento (attraverso una lente finalmente cinica) dell’infiocchettata famiglia americana, borghese, di provincia e con un cane di nome Cuba (da cui deriva una significativa gag), rende questo film particolarmente interessante.

Finanche le pigrizie linguistiche e i cliché del protagonista (il naturale Corrado Fortuna, somigliante al conterraneo Enrico Lo Verso e già visto, paradossalmente, nel successivo Perduto amor di Battiato) tornano per una volta utili al discorso affrontato.

Virzì aggiunge senza strafare sequenze oniriche e risvolti drammatici (il ricordo sbiadito e tormentoso dell’assassinio del padre).

Lo scrittore e sceneggiatore Domenico Starnone è il professore nella scena dell’esame.

Max Marmotta