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Trama

Sam Dawson serve alacremente in un caffè. Il suo ritardo mentale non gli ha mai impedito di occuparsi amorevolmente dell’adorata figlia Lucy, che ora ha sette anni.

La sua ingenuità lo porta ad avere guai con la giustizia, e ciò rischia di fargli perdere l’affidamento della piccola.

Presa coscienza del pericolo, Sam non è per nulla disposto a cedere e si mette nelle mani dell’avvocato Rita Harrison, da principio riluttante ad aiutarlo.

In realtà la donna, eccessivamente votata al lavoro, ha una situazione familiare non meno disastrata.

Recensione

L’handicap è da sempre un argomento dibattuto da Hollywood, non senza furbizie. La regista Jessie Nelson (Una moglie per papà), anche produttrice insieme a Marshall Herskovitz e Edward Zwick, non era certo garanzia di novità, né potevano aggiungere granché uno stile “moderno” (steadycam con inquadrature mosse e zoomate irregolari) o un montaggio nervoso.

Allora, perché scegliere un film con una sceneggiatura –comunque attenta agli “egoismi” di Sam– dall’evoluzione scontata, qua e là irreale e buonista, il cui eventuale pregio è quello di rivelare progressivamente lo status di Rita? La ragione è una sola: il lavoro degli attori.

Sean Penn si cala con straordinaria sensibilità nei panni di Sam, e costituirebbe condizione sufficiente per la visione; gli fanno eco una professionale (in tutti i sensi) Michelle Pfeiffer, un’insicura Dianne Wiest, un algido Richard Schiff, persino una riflessiva Laura Dern.

E la bimba, Dakota Fanning, tiene testa a tutti. Colonna sonora infarcita di cover dei Beatles (punto di riferimento di Sam). “Two of Us” è cantata da Aimée Mann e Michael Penn, fratello di Sean.

Max Marmotta